PARCHEGGIO “BUNKER” A PIAZZA G. DA MONTEFELTRO : L’INIZIATIVA DEI SOSTENITORI DELLA SUA ANACRONISTICA CONSERVAZIONE NON RIUSCIRA’ A DARE DIGNITÀ A UNA VOLGARE DISTESA DI CEMENTO CHE HA ALTERATO UNA PARTE IMPORTANTISSIMA DELLA CITTA’ , TORNATA A RISPLENDERE GRAZIE ALL’ABBANDONO DELL’ASSURDO PROGETTO DI TEATRO

Ancora una volta il partito del cemento nei centri storici e sul patrimonio storico artistico, mascherato sotto le sembianze glamour dei così detti “archistar” torna a farsi vivo, promosso di nuovo da una costola della sinistra, la stessa di sempre.

Se tanti anni fa in difesa di un’opera che avrebbe distrutto per sempre , manomettendoli, i chiostri, il convento e la chiesa del San Domenico , scese in campo la compagnia di giro dei baroni delle facoltà di architettura , da Aimonino ad Aldo Rossi a Zevi, tutti legati all’arch. Sacripanti, sostenendo in nome della creatività e della libertà progettuale un progetto incapace di rispettare il lavoro degli architetti del passato e la memoria e la storia della città, ora l’operazione viene riproposta con le stesse modalità da ex amministratori che quella devastazione avevano condiviso, promosso, deciso, sostenuto.

Se a distanza di tanto tempo possiamo stendere un velo pietoso su come accadde che venne deciso di far vincere il concorso al progetto dell’arch. Sacripanti, ovviamente per meriti “politici”, vogliamo però ricordare che il progetto “vincitore” non riguardava il San Domenico, tanto meno il parcheggio e prevedeva la costruzione di un nuovo edificio nell’area risultante dalla demolizione dell’ex Bonavita.

Successive scelte a capocchia fecero prima costruire il parcheggio, definito subito “bunker”, a seguito di altre decisioni improvvisate ed episodiche, volte a far realizzare ad altre “archistar” modesti edifici residenziali in centro storico e a trasferire il mercato ambulante sulla c.d. barcaccia e poi fecero approvare, finalmente, con pressioni degne di miglior causa, da parte del Ministero, il progetto che distruggeva il San Domenico.

Quel modo di gestire il Centro Storico, che anno dopo anno, con operazioni prive di respiro e prospettiva, l’ultima delle quali è la vera e propria vergogna delle nuove edificazioni nell’ex convento di Santa Chiara, ha portato ai guai attuali della città antica a cui il Sindaco sta coraggiosamente cercando di porre un difficile rimedio.

A cominciare proprio dalla demolizione del parcheggio bunker e della c.d. barcaccia, punto chiarissimo e inequivocabile del programma della coalizione per Balzani sindaco, che ha chiesto e preso i voti dei cittadini anche per demolire quell’intervento che offende e altera una parte assai importante del tessuto storico della città.

Evidentemente in SEL, che si è smarcata dal sostenere quel programma e questo Sindaco, ci sono, come pare ci siano, degli irriducibili giapponesi che non riescono a rendersi conto della sconfitta già patita sul piano culturale quando negli anni ottanta e novanta ai sostenitori del cemento si opposero decisamente Antonio Cederna, Edoardo Salzano , Pierliuigi Cervellati, Vezio DeLucia , Felicia Bottino, Andrea Emiliani, Antonio Iannello, Giovanni Losavio, Gigi Scano e tantissimi altri, riuscendo a far cancellare dalla Regione Emilia Romagna il devastante progetto di teatro.

Evidentemente c’è anche una scarsa percezione di quanto sia stata profonda la crescita culturale della città, di come sia nel tempo diventata patrimonio condiviso dei forlivesi l’idea del recupero e restauro di quel luogo e riteniamo che l’operazione in campo sia solo un piccolo tentativo di fare un po’ di opposizione al progetto Centro Storico, coinvolgendo persone che magari nulla sanno della vicenda, dei progetti, del dibattito che c’è stato e che ha finalmente determinato una scelta che consideriamo irreversibile.

Vorremmo per lo meno che facessero un po’ di chiarezza politica , spiegando ai forlivesi perché hanno sottoscritto il programma di Balzani.

Troviamo del tutto gratuita la riproposizione di temi superati da anni, artificiosa e strumentale l’iniziativa priva di qualsiasi giustificazione che non sia la difesa del preteso diritto di poter liberamente disporre delle parti storiche della città, lasciando “moderne” impronte di cui non si sente davvero il bisogno.

Si demolisca una volta per tutte quell’orrore e si restauri quel pezzo di tessuto urbano restituendolo alla città, libero dal cemento.