un nuovo simbolo

i verdi protestano contro i vandali della amministrazione Balzani

i verdi protestano contro i vandali della amministrazione Balzani


Quella che stiamo vivendo oggi è una crisi sistemica e globale dalle cause multiple e contemporanee. Assistiamo, infatti, ad una grave crisi finanziaria, sociale, ambientale e alimentare, sulla quale pesano diverse incognite come la mancanza di controllo dei mercati finanziari, l’ingerenza dei sistemi bancari ombra, l’aumento della disoccupazione, le imprese in crisi, la perdita di biodiversità, il progressivo esaurimento delle risorse e l’aumento dei livelli degli inquinanti e delle emissioni.
Si tratta di questioni alle quali la Politica, che oggi è in una fase di estrema debolezza, deve dare soluzioni concrete e fattive, declinando le soluzioni in chiave di una sempre maggiore sostenibilità, sociale e ambientale.

Occorre, quindi, dare risposte urgenti alla:
• crisi economica-finanziaria-monetaria, che è essenzialmente una crisi del debito;
• crisi dei modelli socio-culturali che ha portato all’impoverimento dei rapporti umani e a una degenerazione delle regole della convivenza nelle comunità;
• crisi energetica: con il progressivo esaurimento delle risorse energetiche non rinnovabili, in primis quella delle riserve di petrolio convenzionale (Peak Oil) e il conseguente calo dell’energia netta (EroEI) che si rende disponibile alla società umana per le sue attività produttive. A questo quadro va aggiunto il maggior consumo interno dei paesi esportatori;
• crisi ambientale che comprende i cambianti climatici in atto, lo squilibrio degli ecosistemi naturali, l’aumento del livello degli inquinanti, la perdita di biodiversità, di suolo fertile e delle riserve di acqua dolce;
• crisi alimentare, idrica e sanitaria
• crisi della democrazia

Per svolgere questo compito è necessario applicare nuovi indicatori alla politica e alla geopolitica, quali: il «peak oil, crisi energetica e approvvigionamento di fonti fossili» con particolare attenzione a gas e carbone; i «fondi sovrani», ossia i beni detenuti da alcuni Stati in divise straniere; la «crisi climatica» compresi i risvolti geopolitici; la «crisi demografica» che non è da sottovalutare poiché tra il 2010 e il 2050 la popolazione mondiale passerà da 7 a 9,2 miliardi di persone; la contemporanea mancata equa distribuzione di risorse che genera conflitti e tensioni sociali (crisi dell’equo accesso e della mancata rappresentanza); la «disponibilità di acqua dolce», già oggi 250 milioni di persone in 26 paesi sono colpite dalla scarsità di acqua con tre milioni di morti e 1 miliardo e 400 milioni di persone non ha accesso ad acqua di qualità sufficiente alla vita; il «Fao Food Index», indice importante per la crisi alimentare che ha contribuito ad innescare le rivoluzioni nei paesi maghrebini; il costo, disponibilità e accesso alle materie prime; la «perdita di biodiversità» che sta alla base dell’impoverimento di intere popolazioni; «l’aumento degli inquinanti» sia nei paesi dell’Ocse sia in quelli del sud del mondo.

All’origine di queste crisi c’è un modello economico e sociale basato sull’emissione di moneta a debito (gravata d’interessi a circolazione forzosa emessa dalle banche centrali) e sulla crescita continua delle attività e dei consumi umani, che essendo di tipo esponenziale, prima o poi, e con sempre maggiore rapidità, oltrepassa, inevitabilmente, le capacità di supporto e rigenerazione degli ecosistemi. Si viene a delineare una sorta di debito «ambientale», che sottraendo e consumando in anticipo le risorse da destinare alle generazioni future e danneggiando irreversibilmente gli ecosistemi di supporto e rigenerazione, è per sua natura un debito non sostenibile.
Acqua, cibo, energia. Sono questi i problemi principali della nostra contemporaneità intorno ai quali si è avvitata una crisi strutturale e di sistema. Le risorse mondiali sono limitate e dalla loro gestione dipende la capacità di superare questa fase garantendo all’umanità un futuro «ambientalmente», socialmente ed economicamente sostenibile.

Un nuovo «patto sociale» è necessario per impedire che la crisi conduca, come già sta accadendo, ad una restrizione degli spazi di democrazia in risposta ai conflitti sociali e ambientali; un nuovo «patto sociale ecologista» basato, nei contenuti, sulla concezione di «Bene comune» e di controllo diffuso delle risorse oltre che, nei metodi, sulla costruzione partecipata e condivisa di proposte concrete per il breve, medio e lungo periodo.

L’ecologia può essere la via per cambiare l’economia, migliorare la vita delle persone e salvare il Pianeta dall’inquinamento e dalla crisi climatica che lo stanno conducendo ad una lenta ma inesorabile auto-distruzione? Di fronte all’aumentare delle povertà sociali, della disoccupazione, delle diseguaglianze, alla riduzione dei diritti e dei servizi necessari al benessere dei cittadini, gli ecologisti, i Verdi sono ancora necessari?

La nostra risposta a questi due quesiti non può che essere «Sì», perché oggi più che mai, in Italia come in Europa, esiste un urgente bisogno di politiche ecologiste e dei Verdi.

Gli ultimi che abbiamo vissuto sono stati – e continuano ad essere – anni molto difficili; forse i più difficili nella storia della nostra Repubblica. Sarebbe, però, paradossale rinunciare, proprio oggi, all’identità ecologista che, non solo aveva previsto quello che sarebbe accaduto ma che rappresenta la via maestra per uscire dalla crisi salvaguardando il benessere di tutti gli esseri viventi.

La crisi economico e finanziaria – per nulla superata – si affianca ad una situazione estremamente critica in campo ambientale e che ha nell’inquinamento, nel cambiamento climatico in atto e nel consumo del suolo la sua manifestazione più evidente. A ciò si aggiungono le speculazioni nei mercati delle materie prime: in particolare in campo energetico ed alimentare.

Il Green New Deal e l’ecologia politica, portati a sintesi nell’esperienza dei Verdi europei laddove le condizioni lo hanno consentito, rappresentano una risposta forte sia dal punto di vista politico che da quello simbolico ai tempi che stiamo vivendo. L’elaborazione teorica, il pensiero scientifico, filosofico e politico ecologista, che si è enormemente sviluppato e articolato a livello mondiale, nel corso degli ultimi quarant’anni, non ci lascia certamente disarmati.

Per ridare forza e obiettivi alla proposta ecologista e verde, però, occorre:

Ridefinire e costruire la soggettività politica culturale ecologista e verde.
Prima di parlare di alleanze dobbiamo innanzitutto affermare la nostra identità e dire chi siamo e cosa vogliamo. Pensiamo sia necessario ricostituire l’autonomia culturale e politica dell’ecologismo italiano in armonia con i Verdi europei: questo è il compito che, oggi, necessita dei nostri sforzi e di tutte le nostre energie. La difficoltà a costruire un forte soggetto politico ecologista in Italia ha radici profonde che derivano anche dalla crisi culturale e dall’assenza di un’etica della responsabilità che ha compromesso il futuro delle nuove generazioni. È quindi evidente che la costruzione di un nuovo progetto politico che voglia salvaguardare ambiente, territorio e futuro debba partire dal principio dei «doveri» oltre che dalla salvaguardia dei diritti: senza una cultura della responsabilità non può esistere una «buona politica».

La difesa dell’ambiente oggi rappresenta l’ingrediente fondamentale per creare una società democratica, più giusta e pacifica. Per creare una nuova comunità solidale in cui ognuno assuma l’orizzonte dei propri obblighi è necessario che i cittadini, in particolare in Italia, acquisiscano coscienza delle «proprie responsabilità» verso tutti gli esseri viventi nonché verso l’intero Pianeta.
Come ci ha insegnato Alex Langer, però, questa battaglia può essere condotta solo se la difesa dell’ambiente diventa patrimonio di tutta l’umanità. Serve un impegno trasversale, che superi le vecchie logiche di appartenenza politica ed ideale proprie della società del secolo scorso e che punti ad affermare nuovi concetti di democrazia e libertà.

In questo senso le visioni di grandi guide spirituali come San Francesco d’Assisi da un lato e il Dalai Lama dall’altro, insieme alla straordinaria carica d’innovazione e cambiamento che Papa Francesco sta trasmettendo con le sue azioni e le sue parole nei confronti delle povertà e della salvaguardia del creato sono importantissime. Concepire il genere umano non più come «padrone» ma come «custode» della natura, colui che difende e tutela tutti gli esseri viventi segna una rivoluzione antropologica di enorme portata. La politica verde ha bisogno di collegarsi a queste energie, di far propri messaggi vitali e spirituali per avere la forza di affermare cambiamenti a una comunità sociale sempre più ampia, dando un contributo risolutivo nella lotta a tutte le povertà.

In questa visione la difesa dei «beni comuni» deve avere un ruolo centrale nella definizione della nostra identità: dall’acqua pubblica, alla riduzione del consumo del suolo, alla difesa delle spiagge, alla conoscenza, tutti beni e diritti sempre più sottoposti a forme di privatizzazione che conducono a processi di esclusione con gravi implicazioni sociali e ambientali.

È necessario un approfondito «lavoro» politico e culturale al nostro interno per modificare la proiezione che i verdi e gli ecologisti producono nell’opinione pubblica, che spesso li percepisce solo come una forza meramente antagonista e conservazionista. Di fronte alla certificazione del fallimento delle politiche economiche sia liberiste che socialdemocratiche, che nella gestione (fallimentare) dell’attuale crisi economica si somigliano, i Verdi devono caratterizzarsi sempre di più come una forza di governo, una forza in grado di indicare risposte forti all’angoscia degli italiani: la disoccupazione.

Dobbiamo saper indicare politiche economiche capaci, attraverso la conversione ecologica, la gestione e la cura del territorio, la bonifica delle aree inquinate, il turismo eco-sostenibile, l’agricoltura di qualità, le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, l’innovazione tecnologica, i trasporti sostenibili, la ristorazione, il commercio e i beni culturali di rilanciare l’occupazione.

Dobbiamo fare in modo che ci sia certezza del diritto per chi vuole aprire un’impresa promuovendo la «sburocratizzazione» e lo «snellimento» delle procedure dietro le quali, nella maggioranza dei casi, si nasconde la corruzione. Dobbiamo lavorare per una progressiva riduzione della pressione fiscale che non può continuare ad essere essenzialmente concentrata sui redditi da lavoro: serve un’azione volta a riequilibrare il prelievo sulla rendita finanziaria e patrimoniale.

Purtroppo non possiamo non sottolineare come nel sistema industriale italiano permangono preoccupanti livelli di «arretratezza» e «refrattarietà» ai processi di modernizzazione e d’innovazione. Un caso su tutti: l’assurdo e miope ritardo nella produzione di auto elettriche e pulite da parte della Fiat. Per queste ragioni i Verdi sono necessari e sarebbe sbagliato oltre che dannoso rassegnarsi alla loro scomparsa.
La condizione dirimente per realizzare questi obiettivi è quella di ricostruire un’intelligenza ecologista «collettiva» che sappia elaborare proposte e indicare soluzioni concrete per evitare di essere percepiti come ceto politico alla stregua degli altri partiti. A questo processo è collegata una questione fondamentale che si chiama «Ecologia della politica»: onestà, moralità e etica pubblica nel rapporto con le istituzioni devono essere la stella polare di un rinnovato cammino politico. Dobbiamo rivendicare competenza e valorizzazione dei saperi in chi ci rappresenta nelle istituzioni o nei ruoli dove si decide la vita pubblica.

La «bellezza» deve essere il nostro orizzonte: dobbiamo lavorare per conservarla, valorizzarla, accrescerla, proteggerla, e promuoverla. Il concetto di bellezza è intrinsecamente legato al nostro Paese (non a caso definito il Belpaese), all’ambiente, al patrimonio naturale, culturale, storico, artistico e letterario: tutto ciò può affermarsi e costituirsi come una specificità italiana, capace di generare benessere e di orientare le scelte, che riguardano formazione, scuola, infrastrutture, turismo, tutela della biodiversità animale e vegetale, economia e investimenti.

2) Per costruire un’altra Europa… «Change Europe, Change Now, Go Greens»

Le imminenti elezioni europee (si voterà tra meno di sei mesi) rappresentano un’occasione per ricostruire una proposta ecologista in Italia, nonostante l’esistenza dello sbarramento del 4 per cento voluto sia dal centrosinistra che dal centrodestra, in contrapposizione al principio della rappresentanza tutelato dall’Unione europea. Mentre da un lato occorre chiedere con forza al Parlamento italiano di modificare la legge elettorale per l’elezione del Parlamento europeo, avviando al tempo stesso i ricorsi giurisdizionali contro lo sbarramento (anche alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale tedesca che, in Germania, ha abolito lo sbarramento), dall’altro bisogna avere il coraggio di aggregare attorno ad una proposta ecologista-verde per l’Europa tutte le realtà che condividono i nostri temi e la nostra visione.
Proponiamo la presentazione di una lista verde ecologista autonoma per le prossime Elezioni europee, collegata al Partito e al gruppo parlamentare verde europeo. Un’Europa dei popoli, unita politicamente negli Stati Uniti d’Europa non può che basarsi su politiche economiche sostenibili e che propongano la conversione ecologica, sull’equità sociale oltre che su istituzioni rappresentative, forti e legittimate, in grado di non subire le fortissime pressioni della finanza, della speculazione, delle multinazionali e delle agenzie di rating.
I Verdi devono assumersi la responsabilità di contribuire a salvare l’unità europea, di fronte a pulsioni disgregatrici che, in alcuni casi, accomunano l’estrema destra e l’estrema sinistra. Per fare questo è necessario agire per un profondo e radicale cambiamento delle politiche europee, un cambiamento che passa anche attraverso la revisione dei trattati fondativi e la cancellazione di quelli successivi come il «fiscal compact», che strangolano le economie più deboli, a vantaggio di quelle più forti. Gli elementi essenziali della svolta da imprimere all’azione dell’Europa dovrebbero andare prioritariamente nelle seguenti direzioni:
a) la conversione ecologica del sistema economico e industriale attraverso la conversione delle produzioni inquinanti e il sostegno di quelle ecologicamente sostenibili; un grande programma di tutela e salvaguardia del territorio al posto delle grandi opere già programmate, inutili e dall’elevato impatto ambientale; La sfida rappresentata dal cambiamento climatico in atto e le minacce alla salute legate ad un sistema industriale e dei trasporti, in molti casi addirittura anacronistici, non consentono di rinviare ulteriormente questi interventi;
b) l’inversione della tendenza alla concentrazione sempre maggiore della ricchezza sia su base territoriale sia su base sociale. Per fare questo è necessario colpire la rendita finanziaria, premiare il lavoro e perseguire la piena occupazione, garantendo, al tempo stesso, un reddito di base generalizzato;

c) difendere e allargare in senso universalistico le tutele sociali presenti nell’Unione, tutelare i beni comuni e bloccare la deriva privatizzatrice che ha caratterizzato negli ultimi anni la politica europea. In questo modo, oltre ad una maggiore equità delle condizioni sociali, è possibile garantire anche un riequilibrio della bilancia dei pagamenti tra i paesi esportatori del Nord e quelli importatori del Sud;

d) la politica europea deve esercitare un ruolo regolatore nei confornti della finanza speculativa e tossica. Per ottenere questo obiettivo è necessario modificare il ruolo della BCE, mettendola al servizio di una politica sociale (inserire la piena occupazione tra i suoi compiti, darle la possibilità di prestare direttamente ai paesi in difficoltà; è necessario, inoltre, introdurre in tutta l’area euro una vera Tobin Tax, eliminare i paradisi fiscali e separare le banche di gestione del risparmio da quelle speculative;

e) dare al Parlamento europeo, organo eletto direttamente dai cittadini, il potere effettivo di indirizzare le politiche dell’Europa, nell’ottica di un’Europa federale;

f) modificare radicalmente le politiche dell’immigrazione, che hanno trasformato il Mediterraneo in un immenso cimitero e l’Europa in un continente assediato, e rafforzare le politiche di cooperazione internazionale;

g) costruire «una» politica estera europea e «una» politica di difesa che porti alla riduzione o soppressione di oltre 50 eserciti per destinare quelle risorse destinate alle spese militari alle politiche di cooperazione;

h) attuare gli obiettivi di riduzione dei gas serra, di risparmio energetico e di produzione di energie rinnovabili;

3) Rafforzare i rapporti politici con i Verdi europei e collaborare e cooperare con Green Italia… e non solo.

I Verdi e gli ecologisti italiani avranno un futuro e la possibilità di crescere se saranno saldamente collegati ai Verdi europei. I rapporti positivi che abbiamo costruito in questi anni con i Verdi europei vanno, quindi, ulteriormente rafforzati, anche attraverso la condivisione dei processi politici in atto nel nostro Paese. La proposta di una «costituente ecologista», ovvero la necessità di eliminare la frammentazione del mondo ecologista per costruire una forza verde di dimensione europea, continua ad essere ancora oggi estremamente valida. Se nel 2008 i Verdi francesi si fossero opposti alla proposta/appello promossa da Dany Cohn-Bendit di dar vita ad «Europe Ecologie» non avremmo avuto in Francia quello straordinario risultato delle elezioni europee del 2009.

Oggi la missione dei Verdi italiani deve essere quella di promuovere un’ampia aggregazione ecologista, che sappia comprendere coloro i quali hanno capito che l’ecologia non ha diritto di cittadinanza nel Pd o in Sel; chi ha lavorato per anni nelle associazioni; i cittadini che non sono né in partiti o in associazioni ma che sentono il bisogno che anche in Italia, come negli altri stati europei, ci sia una forza verde. Per realizzare quest’obiettivo i Verdi italiani devono essere pronti a collaborare, cooperando in modo costruttivo con la proposta di Green Italia, al fine di affermare in Italia un movimento verde elettoralmente forte. Collaborare e cooperare non significa sciogliere la Federazione dei Verdi ma far prevalere il senso di responsabilità per il futuro evitando contrapposizioni con chi si propone i nostri stessi obiettivi. Merita grande attenzione la proposta che viene dal presidente della Coldiretti Sergio Marini che ha presentato una Fondazione per l’Italia, un movimento che fa della cura della terra, dell’innovazione e del Made in Italy gli obiettivi per una rinascita politica italiana.
Il progetto ecologista, quindi, potrà fare la differenza in Italia solo se smette di rincorrere i partiti tradizionali e decide di legarsi di più al territorio, ai cittadini e a quei movimenti che con autorevolezza e credibilità sanno interpretare le proposte verdi.

4) Alleanza di governo per il cambiamento e l’innovazione in Italia

In tutta Europa i Verdi hanno costruito alleanze elettorali per il governo sulla base dei loro programmi. È accaduto in Francia, in Germania con il governo Schroeder e accade oggi in molti Land tedeschi dove, i Verdi, governano. Nel 1996, in Italia, i Verdi furono i fondatori dell’Ulivo che sconfisse Berlusconi.
I Verdi devono essere una forza di governo perché la grave crisi ambientale, sociale ed economica richiede urgenti e profondi cambiamenti che non possono vederci come forza di mera testimonianza o specializzata nella politica urlata. La vocazione maggioritaria che è diventata vocazione «alla sconfitta» prima di Veltroni e poi di Bersani, ha portato i Verdi, non per loro scelta, fuori dall’alleanza di centrosinistra e dal Parlamento.
L’Italia ha bisogno di una grande alleanza di governo per il cambiamento e l’innovazione, per rompere il potere dei privilegi e degli apparati burocratici che hanno costruito fortune bloccando la modernizzazione del Paese. Serve una grande alleanza che sappia unire le diverse culture politiche del Paese da quella ecologista a quella democratica, da quella laica a quella di sinistra. Per costruire questa alleanza sarà necessario avviare un confronto programmatico con forze politiche come Pd, Sel e con le forze laiche: ma questo confronto non potrà essere acritico alla luce di scelte che sono state fatte su temi importanti come la vicenda Ilva-Taranto e l’approvazione di provvedimenti che con il governo delle larghe intese non vanno nella direzione auspicata dalla maggioranza dei cittadini italiani. Anche il termine centrosinistra è ormai superato e obsoleto tra i cittadini e sarebbe più opportuno lavorare per un Ulivo del terzo millennio dove a prevalere non debba essere la sommatoria dei partiti ma il progetto di governo.
I Verdi devono essere una forza di cambiamento e non di conservazione: ecco perché le modifiche alla Costituzione sono percorribili per migliorarla e adeguarla ai nuovi diritti emergenti in questo millennio. È necessario un più esplicito riferimento alla tutela dell’ambiente e al concetto di limite per l’uso delle risorse naturali; al diritto di accesso a internet, ai diritti degli animali cosi come accade nella costituzione tedesca. Ma qualunque modifica deve essere sottoposta a referendum confermativo da parte dei cittadini!
Va urgentemente modificata la legge elettorale che ha portato in Parlamento un esercito di nominati e non di eletti dai cittadini. Il «porcellum» va abrogato e sostituito con una legge che riconsegni agli italiani il potere di scegliere i propri rappresentanti in parlamento.

5) la conversione ecologica e il lavoro

C’è un Italia dimenticata che ha bisogno di noi. E’l’Italia che vive ogni giorno nell’inquinamento, quell’inquinamento che ogni anno a causa dello smog nelle grandi città provoca migliaia di morti e decine di migliaia di malati, specialmente tra i bambini e gli anziani. Esiste, quindi, un’Italia dimenticata, quella dei sei milioni di cittadini che vivono nei SIN, nelle aree da bonificare che non sono mai state bonificate. Sono le aree di Taranto, Milazzo, Brindisi, Priolo, Gela, Porto Torres, Piombino, Brescia, Marghera, Trieste o della Terra dei Fuochi… sono più di cinquanta. Aree dove i cittadini non sanno cosa hanno nel sangue, dove le terre non si coltivano più e la salute delle persone non è monitorata. A questi cittadini la verità e l’informazione è stata nascosta.
La vicenda di Taranto, e dell’Ilva, è emblematica di un’Italia dove la logica del profitto, della corruzione, della mala politica, del clientelismo, dell’opportunismo, dell’omertà, della paura ha per decenni soppiantato il diritto degli abitanti alla salute e al lavoro. Taranto è anche la città nella quale le cittadine e i cittadini si sono ribellati e dove i Verdi, a partire dal presidente Angelo Bonelli, hanno scelto di stare al loro fianco anteponendo la difesa della salute a qualsiasi convenienza politica. Dalla battaglia di Taranto, dalla consapevolezza degli intrecci tra una politica e un’economia profondamente malate, dalla volontà di non lasciarsi sopraffare, dalla necessità, non solo etica, di applicare il principio «chi inquina paga» e di avviare una concreta conversione dell’economia, può e deve rinascere il nostro Belpaese. Quello che è accaduto a Taranto non è un’eccezione, ma l’esplosione di un sistema applicato in buona parte dell’Italia, dove le omissioni dei controlli ambientali sono il frutto della corruzione.
Parlare di conversione ecologica non significa solo cambiare questo stato di cose ma proporre un forte piano per l’occupazione, attraverso le bonifiche e la restituzione ai cittadini dei territori che l’inquinamento ha sottratto alla vita. L’introduzione delle aree No-Tax o della fiscalità agevolata nelle aree da bonificare rappresenterebbe uno stimolo per far nascere e trasferire imprese in quelle aree per portare lavoro e ricchezza. L’applicazione del principio «chi inquina paga» e l’avvio delle bonifiche consentirebbe occupazione per utilizzare quegli operai che prima venivano impiegati in lavorazioni dannose in primo luogo per loro e per al comunità.

Un’altra grande opera pubblica di cui il Paese ha bisogno è il trasporto pubblico nella città che può e deve essere finanziato con i soldi destinati alla Tav in Val di Susa (24 mld di euro) e alle altre grandi opere inutili. Occorre investire nei settori ad alta intensità occupazionale. Riscrivere le politiche per la gestione dei rifiuti attraverso le Quattro R (Riduzione, riuso, riciclo, raccolta differenziata, o promuovere lo sviluppo e la diffusione delle Energie rinnovabili e dell’efficienza energetica significa attivare grandi opportunità di lavoro per i giovani e per tutti coloro i quali hanno perso il lavoro a causa della crisi.

6) quale organizzazione

I Verdi in primis dovranno adeguarsi alle mutate condizioni politiche ed economiche. Il nostro modello organizzativo dovrà essere snello e autofinanziato. La partecipazione dovrà essere stimolata e favorita attraverso una piattaforma web che possa consentire a tutti gli iscritti e simpatizzanti di partecipare, proporre e promuovere iniziative. Il giornale Terra dovrà abbandonare il cartaceo, e diventare un magazine on-line che insieme alla Fondazione Eco sarà uno strumento per promuovere il pensiero ecologista in Italia.
Il costo delle tessere dovrà essere ridotto a 20 euro e per i giovani al di sotto dei 26 anni a 10 euro per favorire la partecipazione in una fase di profonda crisi economica e sociale. I Giovani Verdi, eletti democraticamente attraverso l’istituzione per statuto di un Forum nazionale dei Giovani Verdi, potranno essere coinvolti nelle scelte politiche con la presenza di diritto alle riunioni dell’Esecutivo dei due co-presidenti.

Rispetto al futuro modello organizzativo è necessario convocare un’Assemblea organizzativa che riveda la nostra organizzazione basata sulle tessere che spesso non corrispondono ad un’effettiva presenza di militanti o di iscritti che si promuovono iniziative politiche-ecologiste sui territori.
Dobbiamo marcare la differenza con le altre forme partito, voltare decisamente pagina, affermando il principio dei gruppi autonomi federati fra loro e coordinati da un gruppo dirigente ampio, che non si limita alla rappresentanza di un solo leader a cui è delegato tutto.

A questi principi generali e fondativi di un’ecologia potrebbe essere affiancato un «Pantheon» di personalità, che nel tempo hanno contribuito a formare il pensiero ecologista, le battaglie per i diritti civili disegnando un percorso ed un cammino di democrazia, libertà, pace ed ecologia unite insieme verso un diverso futuro:

San Francesco da Assisi, Dalai Lama, Alex Langer, Mahatma Ghandi, Wangari Maathai (Keniota, Premio Nobel 2004), Chico Mendes, Lorenzo Milani, Giorgio La Pira, Nello e Carlo Rosselli, Piero Gobetti, Giuseppe Mazzini, Carlo Cattaneo, Altiero Spinelli, Vandana Shiva, Serge Latouche, Piero Calamandrei, Primo Mazzolari, Muhamad Yunus, Danilo Dolci, Aldo Capitini, Pier Paolo Pasolini, Naomi Kleim, Aung San Suukyi, Petra Kelly, Laura Conti, Simone Weil, Hannah Arendt, Carolyn Merchant, Barbara Mc Clintock (premio Nobel medicina 1983), Luce Irigaray, Evelyn Fox Keller, Sandra Hardings…

Categorie: Generale