I governi conservatori spingono più persone al gesto estremo
” L’ aumento delle morti volontarie è dovuto non alla natura intrinseca del progresso, ma alle condizioni particolari in cui esso si manifesta oggi. E il profondo turbamento di cui soffrono le società  civili ne rivela la gravita”. Parole di Emile Durkheim, sociologo francese che a inizio secolo ebbe l’intuizione di considerare il suicidio come un fatto sociale, ?«una scelta personale e meditata, rispetto a un ambiente sociale, economico e morale ritenuto ostile?».

Partendo da questo approccio sociologico molti ricercatori si sono dedicati allo studio delle relazioni tra fattori socioeconomici e ambientali e tassi di mortalità  volontaria, e in questo filone di ricerca si colloca uno studio della School of Public Health di Sydney (Australia) che rimatori dell’Università  di Sidney hanno utilizzato i dati di mortalità  per suicidio nel New South
Wales, ottenuti dagli annuari dell’Ufficio di statistica australiano per il periodo che va dal 1901 al 1998.1 risultati sono stati discussi in termini di differenza ideologica dei programmi politici al potere e della loro rilevanza all’interno della teoria di Durkheim sul suicidio, sulla regolazione sociale e sull’integrazione. Alienazione e isolamento, secondo gli autori della ricerca, si manifestano di più in società  competitive concentrate sul libero mercato e sulle responsabilità  individuali. ?«Lo studio australiano conferma un fenomeno già  noto?» commenta Peppe Dell’Acqua, direttore del Dipartimento di salute mentale di Trieste. ?«In organizzazioni sociali dove c’è competitivita e attesa sociale sui singoli, come per esempio in Giappone, i tassi di suicidio sono elevati, rispetto a società  in cui sono garantiti sistemi di protezione sociale?». Una strada efficace per contrastare il fenomeno è la prevenzione attraverso l’attivazione di reti di supporto sociale, e la città  di Dell’Acqua, in questi anni, ne è stata un esempio concreto. ?«L’esperienza del progetto “Amalia telefono speciale” per far fronte alla solitudine delle persone anziane e per la prevenzione del suicidio si è dimostrata assai positiva: in quattro anni abbiamo risparmiato la vita ad almeno quaranta persone. Trieste ha 250.000 abitanti e, dati alla mano, se nel decennio 1987-1996 il tasso medio di suicidi era 22,3 per centomila abitanti, ovvero circa un suicidio alla settimana, nel quadriennio 1997-2001 è stato 18 per centomila abitanti. I valori, dunque, sono scesi di circa quattro punti. E tutto grazie all’impegno congiunto dell’azienda sanitaria che ha coordinato i servizi sul territorio, di una società  di telesoccorso e del comune, che ha creduto nel nostro progetto?».

Licia Gambarelli

Categorie: