La Corte d’Appello di Venezia ha parzialmente riformato la sentenza di primo
grado che aveva assolto i 28 imputati del processo per le morti e le
malattie provocate dal Petrolchimico.
Dopo 40 ore di camera di consiglio i giudici hanno condannato cinque dei 25
imputati rimasti ad un anno e mezzo di reclusione, per l’omicidio colposo di
un operaio e hanno dichiarato il non doversi procedere per questi stessi
imputati e per altri per intervenuta prescrizione in relazione alle morti,
alle malattie e ai reati
ambientali.

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I condannati, tutti ex dirigenti Montedison, sono Emilio Bartalini, Renato
Calvi, Alberto Grandi, Piergiorgio Gatti e Giovanni D’Arminio Monforte.
Gli stessi sono invece stati assolti dall’accusa di omissioni dolose di
cautele negli ambienti di lavoro fino al 1975, perché il fatto non
costituisce reato, mentre si sono visti riconoscere la prescrizione, insieme
ad altri
imputati per l’omessa collocazione di impianti di aspirazione dal 1974 al
1980.
I cinque condannati dovranno pagare anche un risarcimento danni ai familiari
della vittima e le spese processuali dei due giudizi.
“Una sentenza equilibrata”.
E’ il commento del pubblico ministero di Venezia Felice Casson, che ha
istruito l’inchiesta sul Petrolchimico
sostenendo l’accusa anche in appello, ha commentato la decisione dei giudici
di secondo grado.
“Purtroppo – ha osservato Casson – la giustizia è arrivata troppo tardi.
E’ un processo che si sarebbe dovuto fare vent’anni fa. Vent’anni fa
avrebbero condannato tutti, come conferma la sentenza di oggi”.
La sentenza della Corte d’appello di Venezia sulle morti e le malattie
provocate dal Petrolchimico di Porto Marghera “dimostra il reato di disastro
ambientale”.
E’ il commento del presidente di Legambiente, Roberto
Della Seta per il quale “la revisione della sentenza di primo grado che
aveva assolto i 28 imputati conferma la consapevolezza dei vertici del sito
industriale del reato di disastro ambientale denunciato da anni anche dalla
nostra associazione”.
“Ma ancor più grave – prosegue Della Seta – viene dimostrata la relazione
tra il modo di impostare e condurre l’impresa e le pesanti conseguenze
sulla popolazione e i lavoratori, fornendo uno strumento in più per il
futuro: una riconversione della logica industriale che garantisca il
rispetto della salute dei lavoratori e dei cittadini, dell’ambiente e della
legge”.

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