Alberi e verde urbano a Forlì : basta con sega selvaggia
Proprio oggi a Roma si è inaugurata nel Parco dell’Appia Antica la sede nella quale viene collocato il monumentale archivio di Antonio Cederna, donato alla Sovrintendenza e la circostanza mi ha fatto ricordare oltre alle battaglie che egli compì per difenderlo dal cemento, un episodio che si collega a quanto si sta facendo da anni nella nostra città, nella quale la sega la fa da padrona.
Tanti anni fa mi trovavo per alcuni giorni con Antonio Cederna a Cagliari per un congresso di urbanistica nel quale si mettevano a confronto i piani paesaggistici fatti dalle diverse regioni.
La mattina passavo a prenderlo con la macchina al suo albergo e insieme percorrevamo i viali della bella città sarda, abbelliti da rigogliose alberature: Cederna gridava letteralmente la sua ammirazione per quelle alberature e rivolgendosi a me affermava che si sarebbe dovuto rendere omaggio, ricercandone i progetti, pubblicizzandone il lavoro, a quegli architetti, in gran parte ignoti,
che così sapientemente e in modo tanto lungimirante avevano saputo realizzare parti di città tanto belle.
Mi sono chiesto quindi come avrebbe reagito alla infinita sequenza di tagli che la nostra amministrazione, con le giustificazioni più varie, effettua sulle alberature forlivesi, molto spesso dopo averle fatte massacrare da potature sconsiderate.
Le ragioni principali dei tagli sono in realtà l’asfalto e il cemento che uniti all’incultura del verde la fanno da padroni a Forlì e dintorni.
Sono state usate ordinanze contingibili e urgenti per tagliare lungo intere strade alberi definiti assassini, per realizzare strade che dopo anni ancora non vedono la luce, si sono abbattuti alberi per allargamenti stradali che sono stati fatti su sedimi diversi, si è fatto ricorso alla emotività dei cittadini per giustificare tagli che avrebbero dovuto essere evitati, si è detto che alberi erano malati solo per far lavorare meglio le gru di architetti ammanicati, si sono segati pini vecchissimi, anche se il progetto poteva essere modificato, solo per fare posti macchina più ampi davanti a sedi di partito, si sono abbattuti interi viali di pini solo per costruire stradoni che tagliano in due la città (mettendo nuovi alberi che in breve diventeranno grandi come quelli del cimitero degli indiani) .
Ora c’è una nuova ondata di tagli in programma , in gran parte perché le radici degli alberi sconnettono l’asfalto oppure perché le foglie, cadendo, sporcano impianti sportivi.
Via Piancastelli, viale Spazzoli, via Fulcieri, via Balzella saranno a breve sottoposte alla cura della sega, senza un progetto, senza una idea che sia diversa dal semplice abbattimento.
Si dice “ ne ripianteremo degli altri un po’ più in là” come se questa risibile ricettina potesse rifondere il danno ambientale e architettonico di vaste zone urbane.
Perché studiare soluzioni, perché affrontare i problemi nella loro complessità, avanti con la sega !
Veniamo a via Piancastelli.
Non molti sanno che si tratta di una strada storica, frutto di un progetto urbanistico realizzato in epoca fascista, che precedette quello del viale della Libertà, costituendo il primo piano regolatore di Forlì per realizzare un quartiere di case popolari.
Il piccolo quartiere venne intitolato a King’s Bay, in onore al luogo delle isole Svalbard da dove nel 1926 era partita la storica impresa che portò Amudsen e Nobile a compiere la trasvolata su un dirigibile italiano al Polo Nord e da dove poi sarebbe ripartito due anni dopo nel 1928 Nobile per il suo nuovo tentativo di raggiungere il Polo.
Fu uno dei due quartieri realizzati in Italia intitolati a quell’impresa, uno a Roma, l’altro, per comprensibili motivi, a Forlì.
Il fascismo non poteva accettare l’uso della lingua della Perfida Albione e quindi il quartiere si chiamò Baia del Re, che nulla ha a che fare, come taluni potevano erroneamente pensare con il rio Cerchia, che passa li accanto e che appunto in dialetto romagnolo si chiama “re dla Zercia”.
Il luogo, destinato ad accogliere persone assai povere diventò ben presto sinonimo di zona malfamata, i cui abitanti mal si integravano col resto della città.
Il progetto urbanistico era qualitativamente assai ben fatto, l’asse portante, via Piancastelli appunto, connetteva viale Roma con un ampio spazio centrale attorno al quale sorgevano i piccoli edifici serviti da due strade parallele che, a forma di U, si diramavano verso viale Spazzoli dalla fine della via.
Su via Piancastelli le alberature fino a una ventina di anni fa, quando vi fu un altro abbattimento generalizzato, erano costituite da pini che si alternavano con cipressi, secondo lo stile italico in uso nelle urbanizzazioni in quel periodo.
I cipressi furono in gran parte colpiti dalla patologia che li attaccati e furono tutti tagliati . Alle mie richieste di allora di ripiantarli l’assessore dell’epoca promise che lo avrebbe fatto al più presto : di quella promessa restano solo le toppe di asfalto sopra ai tronchi recisi alla base.
Poi fu la volta della potatura massacrante dei pini.
Ci fu una grossa nevicata e i rami si pigavano sotto il peso della neve . Ricordo che per tutta la sera, insieme con un’altra persona, muniti di lunghi bastoni, percorremmo tutta la strada per scuotere i rami.
Pochi giorni dopo il medesimo assessore dette il via alla radicale riduzione delle chiome dei pini, ripetuta in anni successivi, riducendone alcuni a lunghe aste con in cima un piccolo ciuffo, e i risultati sono ancora visibili oggi.
Anche le case, di proprietà dell’allora IACP vennero abbattute per sostituirle con qualche anonimo palazzo. Senza alcuna visione di insieme, solo perché c’era uno spazio libero, in fondo alla via Piancastelli venne fatto un asilo nido; l’area perse definitivamente quasi del tutto la sua unitaria concezione.
Ora restano alcune parti di verde attorno al quale stanno crescendo altri edifici .
Nel frattempo una politica del traffico costantemente volta a favorire l’uso del mezzo privato ha fatto dilagare le auto che ormai usano massicciamente ogni strada pur di far guadagnare qualche minuto negli spostamenti.
Anche via Piancastelli ha seguito la sorte di tante strade residenziali forlivesi, diventando in poco tempo una via di scorrimento, piena di auto che la percorrono a grande velocità, utilizzandola come scorciatoia per saltare i semafori di via campo di Marte.
Da anni sono state presentate alla Amministrazione comunale, anche per iscritto, delle richieste per ridurre il traffico e rendere più sicura la strada. Le risposte, quando ci sono state , sono state assai evasive, le ultime dilatorie.
Ma la risposta vera è quella di questi giorni : ai dossi naturali provocati dalle radici dei pini si risponde con la sega, ritenendo preferibile che le auto scorrano indisturbate su una superficie senza rilievi, non sia mai che debbano rallentare.
E se scompaiono un po’ di alberi, testimonianza anche di un periodo storico assai importante per l’urbanistica della nostra città, non importa granchè agli asfaltatori.
Se ci fosse un po’ meno provincialismo e si guardasse alle esperienze che fioriscono ovunque, se si avessero a cuore davvero la sicurezza e la salute dei cittadini, si riorganizzerebbero strade come via Piancastelli realizzando corti urbane, zone nelle quali l’auto cede il passo ai pedoni e ai ciclisti, nelle quali è sicuro e piacevole stare, non limitandosi ai soli cartelli che nessuno rispetta o fa rispettare.
Una adeguata sistemazione della sede stradale, allargando i marciapiedi e rendendoli realmente percorribili a piedi, togliendo parte dei parcheggi delle auto lungo la strada, facendone un senso unico con cambiamenti di direzione che rallentino drasticamente la velocità, ripiantando i pini che sono stati tagliati negli anni e tutti i cipressi che hanno avuto la stessa sorte è quanto si può fare di alternativo all’uso indiscriminato della sega.
I verdi nel 1988, giusto 20 anni fa, presentarono una proposta di legge regionale di iniziativa popolare proprio per consentire la realizzazione di strade urbane nelle quali il traffico fosse fortemente disincentivato in favore della vivibilità e della sicurezza.
La regione di fatto la affossò mentre nelle città come Forlì dilagavano sempre di più le auto, alla supremazia delle quali sono destinate anno per anno somme ingenti di bilancio.
Le idee che erano alla base di quella proposta di legge conservano tutta la loro validità, anzi sono ancora più urgenti e indifferibili ma si vedono solo idee per l’abbattimento degli alberi.
Se l’amministrazione comunale vorrà continuare così ci permettiamo di dare un suggerimento agli esponenti del maggiore partito di governo della città, consapevoli che i simboli hanno la enorme capacità di trasmettere idee e proposte.
Gli esponenti del PD, che in questi anni così allegramente hanno brandito il deprecabile attrezzo, potrebbero arricchire il simbolo con cui si presenteranno alle prossime elezioni amministrative con una bella sega, dando così in modo visibile, fin dalla campagna elettorale, l’idea di quello che continuerebbe ad essere il loro impegno per il verde e gli alberi della nostra città.
Sauro Turroni
Forlì, 12 novembre 2008