All’inizio degli anni 80 mi recavo quotidianamente al lavoro a Cesena la mattina di buon ora . Giunto in prossimità di Forlimpopoli un giorno vidi alcuni uomini del comune intenti a capitozzare i tigli del magnifico filare che sorgeva a lato del tratto urbano della via Emilia, nella parte verso mare.
Giunto in ufficio telefonai immediatamente al funzionario comunale all’epoca responsabile dei lavori pubblici e dunque delle strade con le relative alberature. Costui meravigliato della mia meraviglia mi disse che era giunta al comune una lettera dell’Anas che invitava l’Amministrazione comunale a tagliare l’impalcato degli alberi a 5 metri di altezza e poiché la stada era allora una statale loro stavano ubbidendo all’Anas.
Mi prcipitai subito all’uffico strade del Comune di Cesena e lì mi mostrarono la lettera che anche loro avevano ricevuto dall’Anas. C’era scritto che il Comune doveva tagliare i rami degli alberi fino ad una altezza di metri 5 da terra , ovviamente perché essi non sbattessero sui mezzi in transito.
Non ci fu nulla da fare, provai invano a spiegare il significato della lettera : tutti i Tigli, bellissimi e sanissimi, vennero inesorabilmente segati di netto a 5 metri dal suolo, ritenendo il funzionario comunale di rispettare così la circolare –lettera dell’Anas.
Nel giro di poco tempo tutti gli alberi , grazie a quella ardita interpretazione, moritono e del bel viale resta solo un ricordo.
Da due ceppi però spuntarono alcuni nuovi germogli, qualche mano amorevole se ne occupò e se ne prese cura e ora, dopo circa 30 anni, lungo il tratto urbano della via Emilia a Forlimpopoli si possono vedere due tigli, col tronco un po’ ricurvo, solitari ricordi di uno scempio provocato da un signore che non sapeva neppure leggere.
Se avessi raccontato prima questa storia, con ogni probabilità l’assessore di Forlì avrebbe cercato questa persona per metterla nella sua commissione del verde, aveva tutti i requisiti e la competenza necessari.
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