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L’ONORE RESTITUITO A MAURO ROSTAGNO
di Marco Boato

La notte del 15 maggio, alle ore 23.38, la Corte d’assise di Trapani, presieduta da Angelo Pellino (giudice a latere Samuele Corso) ha pronunciato una storica sentenza. I mafiosi, Vincenzo Virga, mandante, e Vito Mazzara, esecutore, sono stati condannati all’ergastolo per aver ucciso Mauro Rostagno il 26 settembre 1988 a Lenzi di Valderice, a poche centinaia di metri dalla Comunità Saman, mentre rientrava dal quotidiano impegno giornalistico alla televisione trapanese Rtc. Il grande scrittore tedesco Heinrich Böll avrebbe intitolato: “L’onore restituito a Mauro Rostagno”. E tutto questo a quasi 26 anni dall’assassinio di un uomo, che aveva dedicato la sua intera vita all’impegno politico, sociale e civile. Laureato in Sociologia a Trento, del cui Movimento studentesco negli anni ’60 e soprattutto nel biennio ’68-69, fu un leader di fama italiana ed europea, Rostagno aveva poi partecipato ai movimenti collettivi nella Milano e nella Palermo degli anni ’70, aveva promosso l’esperienza del “Macondo” a Milano, aveva vissuto in India l’esperienza “arancione” e aveva fondato all’inizio degli anni ’80 la Comunità Saman vicino a Trapani. Negli ultimi anni della sua breve, ma intensissima vita aveva abbracciato l’impegno giornalistico televisivo, dedicando tutte le sue energie a denunciare la mafia trapanese, la corruzione politica, gli intrighi massonici. Rostagno aveva dato vita, con le sue sole inesauribili energie intellettuali e civili, ad una sorta di “risveglio civile” della città di Trapani, dove una magistratura imbelle, insieme a discussi appartenenti all’arma dei carabinieri, negavano addirittura l’esistenza della mafia stessa. Rostagno fu un autentico “eroe civile”, privo di qualsiasi prudenza opportunistica e di qualsiasi vigilanza personale. Ha pagato con la sua vita questo suo esporsi quotidianamente, questa sua denuncia ininterrotta, questa sua capacità di scavare nelle viscere immonde e di informare quotidianamente quei trapanesi, che nelle sue parole di ogni giorno avevano cominciato a ritrovare la dignità di cittadini e il coraggio civile, prima ancora che politico. Aveva conosciuto Giovanni Falcone e Leonardo Sciascia, aveva affrontato a viso aperto i mafiosi occulti, che decretarono la morte di quest’uomo coraggioso, generoso e inerme. Nell’orazione funebre che i familiari mi incaricarono di pronunciare in occasione del suo funerale, di fronte a migliaia di trapanesi, avevo ricostruito la sua straordinaria vita, stroncata per mano assassina di mafia. La matrice dell’omicidio fu subito riconosciuta dalla polizia di Stato, ma fu disconosciuta dalla magistratura di Trapani e dai carabinieri locali, che iniziarono un’opera di depistaggio, culminata nell’ignominia dell’arresto, nel 1996, della sua compagna Chicca Roveri, con l’accusa infame e infamante di essere complice dell’omicidio di Mauro. Per la giovanissima figlia Maddalena fu come se avessero ucciso Mauro una seconda volta. La montatura giudiziaria si dissolse nel nulla (e nessuno pagò per questo). Solo anni dopo – anche grazie alla campagna dell’associazione giovanile “Ciao Mauro” – l’inchiesta fu riaperta dalla Procura antimafia di Palermo, col pm Ingroia, e portò finalmente al rinvio a giudizio dei mafiosi Virga e Mazzara. Ci sono voluti più di tre anni di processo in Corte d’Assise, con i pm Gaetano Paci e Francesco Del Bene a reggere l’accusa, per arrivare infine alla sentenza di condanna, grazie ad una Corte d’assise attenta e scrupolosa, incurante del fatto che a sorreggere la difesa dei mafiosi fossero stati reclutati addirittura due carabinieri ex-comandanti del Ris di Parma, Garofalo e Capra. Sono state fatte le perizie balistiche mai prima disposte, sono stati analizzati i resti di Dna mai prima ricercati, sono state trovate le prove schiaccianti delle responsabilità mafiose nell’assassinio di Mauro Rostagno. Con la sentenza di condanna è stata disposta anche l’apertura di una indagine su dieci testimoni falsi o reticenti.
Una sentenza storica, che finalmente ha reso giustizia alla memoria di Mauro Rostagno e ha dato ragione all’instancabile desiderio di verità di Chicca Roveri e Maddalena Rostagno. La giustizia è arrivata tardi, molto tardi (26 anni!), ma è arrivata. Ora è necessario che la Commissione parlamentare antimafia indaghi anche sulle responsabilità politiche e istituzionali dei tanti depistaggi, aprendo un’indagine parlamentare. Ed è anche necessario che alla figura di Mauro Rostagno venga reso quell’onore, di cui era stato privato in modo davvero ignobile. Potrebbe cominciare l’Università di Trento, dedicando un’aula a quest’uomo che da Trento ha iniziato il suo lungo percorso. Potrebbe farlo anche il suo comune di nascita, Torino, dove da anni molti cittadini chiedono che gli sia intitolato un ponte. Potranno continuare Palermo e Trapani, in quella Sicilia che Mauro ha tanto amato e a cui ha dedicato la sua vita e la sua morte.
Marco Boato

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