Tutti ricorderanno la variante con la quale il 29 Giugno 2020 si permetteva di demolire edifici storici per ricostruire la facciata, come nelle scenografie dei film western.

La VARIANTE URBANISTICA DI REVISIONE DELLE ZONE STORICHE A1.3 , A6 , A7 , A8 fu votata da quasi da tutti in Consiglio Comunale, ad esclusione di due astensioni e l’uscita dall’aula dei consiglieri PD e della Presidente del Consiglio.

Piazzetta dell’Antica pescheria a Forlì: Secondo la variante questi edifici di contorno potevano essere demoliti

Il comportamento di voto dei diversi partiti ha rivelato che la variante in questione ha una storia assai lunga e che non è farina del sacco di questa Amministrazione, che si è limitata a portare in adozione un progetto elaborato fin dal 2017, sotto la direzione della Assessora all’urbanistica dell’epoca.

Non si tratta dell’unica perla che la nuova maggioranza eredita in materia urbanistica, anzi fino ad ora si può tranquillamente affermare che le cose peggiori, tra le quali senza alcun dubbio tutte le questioni inerenti il proliferare di nuovi supermercati e centri commerciali che coprono di nuovo cemento centinaia di ettari di terreno, sono il prodotto della azione sconsiderata messa in campo nei 5 anni precedenti.

Neppure il progetto della Assessora precedente poteva dirsi originale. Infatti nel Giugno del 2012 un altro assessore portò in adozione un altro progetto di variante al Centro Storico che consentiva la demolizione di tutti gli edifici non vincolati.

La ferma e argomentata opposizione ai due progetti di variante precedenti da parte dei Verdi e di Italia Nostra riuscì a fermare le annunciate manomissioni del tessuto storico: sia il sindaco Balzani sia Drei non ebbero il coraggio di proseguire su una strada sbagliata, capace di cancellare in un colpo solo decenni di acquisizioni culturali e scientifiche a proposito della conservazione dell’intero tessuto dei Centri Storici, maturate in Emilia Romagna, che hanno costituito un modello imitato in tutta Italia e che ha fatto scuola in tutti i Paesi europei.

Poiché le cose sbagliate non muoiono mai la nuova Amministrazione, trovandosi pronto il progetto, lo ha fatto proprio, incurante delle poche voci contrarie che si sono levate per mettere in evidenza la negatività di una proposta oscena: cancellate le politiche di conservazione dei tessuti edilizi storici attuate attraverso il restauro, basate sul principio che la tutela fosse il cardine delle politiche riguardanti le città storiche.

Scompare, definitivamente cancellata, la nozione stessa di centro storico, costituito dall’intero tessuto degli edifici che il tempo ha stratificato nella parte antica della città, creando un unicum fatto di edifici, monumenti, palazzi, spazi pubblici, piazze, del quale a malapena si vogliono salvare solo i pochi edifici vincolati ai sensi del Codice dei BBCC, ritornando ad una concezione superata da decenni, secondo la quale sono i soli monumenti ad avere il diritto ad essere conservati.

Ovviamente questa variante aveva incontrato il plauso degli immobiliaristi, dei costruttori e delle categorie professionali.

Questo progetto però è stato azzerato in un colpo solo da un emendamento introdotto al Senato da Loredana De Petris, già senatrice Verde, sul decreto semplificazioni che ha introdotto limiti molto stringenti agli interventi in zona omogenea A, cioè nei Centri Storici così come individuati dal DM 2 aprile 1968.

Infatti l’Art. 10. della Legge 120 del 2020 «Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitali» recita :  

  1. Al fine di semplificare e accelerare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, nonché di assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edilizio esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana, decarbonizzazione, efficientamento energetico, messa in sicurezza sismica e contenimento del consumo di suolo al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) all’articolo 2-bis, il comma 1-ter, è sostituito dal seguente: «1-ter. In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell’ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatti salvi le previsioni degli strumenti di pianificazione.

Alla Amministrazione a questo punto resta solo da predisporre una propria osservazione che cancelli le norme in questione, compreso quelle che riguardano il villaggio Matteotti secondo quanto, forse in modo lungimirante, era stato indicato al punto 6 della delibera di adozione della variante la dove si dichiarava :

  1. Di ritenere infine pertinenti e, se del caso, accoglibili, tutte le osservazioni che comportino l’adeguamento normativo a disposizioni di legge nazionali e regionali di settore e/o a previsioni di piani sovraordinati, declinandone i contenuti alla scala ed alla dimensione comunale, ove necessario.

E’ proprio questo il caso e dunque si adeguino le norme comunali alle nuove disposizioni di legge nazionali.

Infine il nuovo Assessore all’urbanistica ci consenta un suggerimento fatto con spirito di leale collaborazione : abbandoni i progetti e le proposte elaborate da chi lo ha preceduto che, come ha senza dubbio già potuto verificare, portano solo risultati negativi