La crisi idrica ha delle soluzioni che non si possono banalizzare: per Europa Verde occorre ripensare all’uso che si fa dell’acqua, ridurne gli sprechi e le perdite, depurarla, immagazzinarla nelle falde, separare anche nella discussione il problema degli usi civili da quelli agricoli ed industriali.

Ad un tratto sindaci, politici, dirigenti di consorzi di bonifica, associazioni di agricoltori ed i commentatori seriali da social hanno scoperto il problema della siccità e dell’emergenza idrica. Molte delle proposte che si sentono ripetere sono prive di basi scientifiche e ripropongono progetti già analizzati e bocciati perché inutili ed insostenibili.

Tutti hanno un unico principio di fondo e puntano ad aumentare continuamente i livelli di consumo sia di acqua potabile sia di quella agricola.

Purtroppo i problemi complessi ed interconnessi hanno risposte molteplici, non banali, e quasi mai la soluzione può venire da chi ha contribuito all’aggravamento della situazione.

Prima di tutto, occorre approfondire il problema anche con esperti che non siano stipendiati da chi ha interessi economici sull’argomento, e poi mettere in campo una discussione che tenga in considerazione tutti gli attori da coinvolgere.

Vorremmo ricordare che se c’è una legge che ha cercato di mettere ordine nella questione acque in Italia, la L.183 del 1989 di difesa del suolo che introdusse la pianificazione di bacino, è merito dei Verdi e degli ambientalisti, a cominciare dal loro padre spirituale Antonio Cederna.

Invece che ricorrere alla pianificazione per comprendere il problema della crisi climatica ed i suoi effetti futuri, assistiamo ad un proliferare di proposte che non tengono minimamente in considerazione la mutata realtà ambientale e di piogge per riconsiderare prima di tutto gli usi attuali della nostra risorsa più preziosa.

Se non ci si domanda come si usa l’acqua ad esempio non si risolve il problema dell’irrigazione a pieno campo a mezzogiorno del mais e non si fa nulla o in merito  alle culture agricole non più sostenibili nelle nostre zone come il kiwi.

Occorre iniziare separando due problemi distinti, entrambi estremamente seri e delicati: da un lato il consumo ad uso industriale ed agricolo e dall’altro quello gli usi idropotabili, che richiede misure per ridurre sprechi e consumi, riparazione di reti, realizzazione di sistemi di accumulo di acque piovane e di ricicli delle acque domestiche utilizzate.

Per gli usi agricoli si sa da tempo cosa fare: ripensare alle produzioni incentivando le transizioni, riportare naturalità nei corsi d’acqua e restituire loro spazio, consentirgli di ritornare a ravvenare le falde.

Alcuni consorzi di bonifica virtuosi hanno realizzato proprio nelle falde gli accumuli di acqua necessari ad affrontare la crescente emergenza, rimettendo in circolo, adeguatamente depurati, i milioni di metri cubi di acque reflue che ancora oggi colpevolmente vengono quotidianamente scaricati nei fiumi.

Soprattutto occorre respingere le proposte interessate di tutti i venditori di acqua, che ipotizzano un aumento del 20% dei consumi al fine di accrescere i propri guadagni e fare opere inutili pagate con denaro pubblico.

Alessandro Ronchi e Cristina Mengozzi, Coportavoce Europa Verde Forlì-Cesena


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